Microfono Aperto
Il 3 maggio 2015, in occasione di Piccoli Editori in Fiera al Palasole di Bellano, Microfono Aperto, una lunga mattina dedicata ai poeti e alla poesia.
Riproponiamo alcune poesie partecipanti.
Luigi Maffezzoli
Dina dell’altopiano
Dina corre
un corridoio tra porte sprangate
avanti indietro
indietro avanti
corre e corre Dina
dentro un incubo da cui non ci si può svegliare
Dina corre nel corridoio
di un carcere egiziano
Dina coi capelli neri neri intrecciati alla maniera eritrea
Dina ha sei anni
e sei secoli da raccontare
si ferma, lo sguardo oltre i muri
oltre il soffitto e le sbarre
Dina salvata appena in tempo
dai predoni di organi umani
dimenticata in un carcere a sei anni
la sua colpa: essere nata
nel paese sbagliato
Dina mangia il rancio
allungato col latte
i carcerieri non sono cattivi
con lei che il diavolo l’ha visto davvero
più cattivo di quello raccontato al catechismo
Dina coi capelli intrecciati
e lo sguardo che va oltre i muri
domanda “Per quanto?”
La madre risponde con una carezza
la piccola le tocca piano la pancia
lievitata dal diavolo le darà un fratellino
lei pensa che ci potrà giocare
ma ora è tempo di dormire
nel suo letto di asciugamano
chiude gli occhi e si sveglia dall’incubo
ora sogna i suoi altopiani
un grande prato dove correre lontana dai diavoli
del deserto di Cristo
scende la notte
sul carcere di Bir El-Abd
la donna stringe la bimba a sé
domani sarà ancora
di attesa.
Inverno di pioggia
Inverno di pioggia
quando ero giovane
mi soffermavo a parlare della morte
ora è solo un fantasma ingombrante
da tenere lontano
le foto dei vecchi
si alternano sullo schermo
al cane che esplora
alle anatre e alla tranquillità del lago
le parole stanno finendo
presto potrò contare le ore
alla fine del lavoro
e degli ultimi progetti
urgenza talvolta nel cuore
e pigrizia nella maggior parte dei giorni
guardo fuori
come sempre cielo grigio
i primi fiori gialli.
Leggeva Pavese
Leggeva Pavese, un tempo
sorriso celato tra i baffi e la barba rada
la testa abbassata sul foglio
ora affronta gli altri
con lo sguardo e con le mani
in un teatro nudo sente salire le emozioni
fino a traboccare.
Scrive, pensa a quell’uomo, un genio,
addentare una mela come Biancaneve
come un angelo caduto senza colpa.
Legge Pavese
la sua anima nel centro del teatro
presto la sera finirà
pensa all’uomo della mela, sconfitto dopo la vittoria:
“Che conta non è vincere.” Pensa
ora la sua scrittura è un flusso
ride tra i baffi e la barba rada
mette fine al suo racconto.
Patrizia Acerboni
Marinella-tramonto
Le mie impronte ho lasciato
sulla tiepida rena
e il candido velo
che m’avvolgeva.
Tanto ho camminato
lungo la riva
attendendo il mio tramonto.
Fresca spuma
e morbide onde
manna
per le mie stanche membra.
Invitante
ammiccante
la dorata passatoia.
M’incammino
bramo quel corpo celeste
miraggio infuocato
che va morendo all’orizzonte …
il principio della fine.
Mio sole
Par di grezza giada
questo lago mio
martellato dal piovasco,
d’un verde che cangia
ad ogni sospiro di breva.
Velo grigiastro
di nebbie lontane
nascondon le vette
dal candido manto
… perle di fiume.
Adornarti vorrei
di prezioso monile
fatto di perle
e di giada
e di oro lucente
ma tu sei lontana
oh mio radioso sole.
Non ti temo
Vedo ogni dì
signora delle tenebre
la tua figura specchiarsi
negli occhi impauriti
di quel bimbo affamato
flagellato da una guerra
a lui sconosciuta
negli occhi smarriti
di quell’adolescente
che la vita teme
negli occhi imploranti
di quella giovane madre
tormentata da oscuro morbo
negli occhi offuscati
di quel vecchio centenario
che ancora ama la vita.
Solo ti chiedo
al giunger del mio declino
spogliati del nero mantello
getta la falce lontano
specchiati negli occhi miei
io non ti temo.