Autori che abbiamo incontrato a Piccoli Editori in Fiera
Bellano, 3 e 4 maggio 2014
Livio Pepino parla di Grammatica dell’indignazione. Conducono l’incontro Roberto Santalucia (sindaco di Bellano) e Michele Marchesiello (magistrato).
C’è, nel Paese, un’anomalia da interpretare e sciogliere. L’indignazione è maggioranza, schiacciante maggioranza. Basta vedere l’andamento del voto nelle ultime tornate elettorali o sfogliare i sondaggi di tutti gli istituti di ricerca. Ancor più, è sufficiente passeggiare in un mercato e viaggiare su tram o treni (quelli dei pendolari: frequentati dal 90 per cento degli italiani e ignorati da chi governa promettendo devastanti e improbabili linee ad alta velocità…). Eppure quell’indignazione, almeno ad oggi, non conta nulla a livello istituzionale. Oppure veicola movimenti populisti e pieni di contraddizioni: di contenuti soprattutto, ché le incongruenze tattiche sono, a ben guardare, poca cosa. Così cresce il rischio che l’indignazione si chiuda in se stessa e produca sfiducia e rassegnazione anziché resistenza e progettualità. Sciogliere l’anomalia, superarla, è la sfida (ineludibile) dei prossimi mesi: mesi, non anni, ché la misura è colma. Per farlo serve mettere ordine nelle ragioni dell’indignazione e predisporre, settore per settore, una cassetta degli attrezzi utile a guidare il cambiamento (o il rilancio di ciò che va mantenuto e che molti vorrebbero cancellare, dalla Costituzione al welfare). Serve una grammatica, sospesa tra analisi e proposta.
Maria Fedele presenta Come un sasso nel lago
La ricerca di se stessa e della propria identità conduce Claudia, una giovane madre, alla separazione dal marito e alla riacquisizione della propria dignità. In questo momento doloroso, ritrova nel diario scritto in Africa la ragazza che era. La ricerca la fa riflettere, dandole forza. Così Claudia lentamente abbandona la sua diffidenza innata per aprirsi all’alterità, nell’amicizia con una pittrice e nell’incontro con Gaetano. In parallelo, la malattia mentale della zia Rosetta, cui Claudia è affezionata, avanza veloce e i farmaci assunti la modificano nel corpo e nella psiche, irrimediabilmente. Claudia prende le distanze da questa sofferenza, maturando un carattere volitivo e determinato. La debolezza di Rosetta contrasta con la capacità decisionale di Claudia: zia e nipote sono due donne speculari a rovescio. Le tradizioni e le consuetudini di paese hanno contribuito, insieme ai comportamenti familiari, a opprimere la volontà di Rosetta che, nell’alternarsi tra esaltazione e depressione finirà con il cedere a quest’ultima. La nipote, al contrario, userà l’esempio della zia per non cadere suoi stessi errori e rivalutarne infine la figura di donna debole e nel contempo capace di grandi atti d’amore.
Tommaso Giavoni presenta Pronuncia il mio nome
Un romanzo fresco e delicato che prende vita a Mumbai e si dipana in un intreccio di storie intriganti, che avanzando verso il finale trovano un loro intimo collegamento. Un suggestivo affresco dell’India che è un’esplosione di colori e di vita, una vicenda di riscatto umano e un percorso di crescita di tre adolescenti.
Simona Capodanno presenta Donne in un istante
Che cosa hanno in comune tra di loro le battaglie contro la pena di morte negli Stati Uniti, la scoperta del Nerve Growth Factor, l’invenzione delle incredibili lampade di vetro piombato di Tiffany o quella della pillola anticoncezionale, oppure la gag delle mille borse firmate di Miranda Priestley nel film “Il Diavolo veste Prada”? Cosa c’entra la magia del jazz nero con la Norma di Bellini, il quadro di Giuditta e Oloferne con la radioattività o con i banchi formato mignon degli asili? Sono fatti lontani mille miglia tra di loro, siamo d’accordo, ma ad unirli c’è qualcosa, o per meglio dire qualcuno: dietro ciascuno di essi c’è sempre una donna. Donne si nasce, questo è vero. Ma c’è un momento nella vita di ogni donna in cui la sua essenza più profonda trova una via d’uscita, in cui il suo vero io viene fuori, prepotentemente, e la trasforma in una donna con la D maiuscola. Può essere la presa di coscienza di sé stessa, può trattarsi di un atto di ribellione, può scaturire dagli abissi della più profonda delle depressioni. Ma quell’istante prima o poi arriva e da quel momento nulla sarà mai più come prima. Questo libro è una sorta di guida alla ricerca di quell’attimo fatidico, attraverso l’esempio di donne importanti, famose, che sono diventate Donne in un istante preciso. L’analisi di quel momento cruciale, il racconto in prima persona delle protagoniste, che può servire a chi ancora non c’è passata, ma anche a chi invece ha già fatto il grande passo e vuole specchiarsi nell’esperienza di altre Donne come lei. Ma può interessare anche a quegli uomini che vogliono imparare a conoscere meglio il mondo femminile. Helen Prejean – Laureen Weisberger – Artemisia Gentileschi – Rita Levi Montalcini – Clara Driscoll – Maria Callas – Maria Sklodowska Curie – Margaret Higgins Sanger – Maria Montessori – Billie Holiday.
Marco Signò presenta Eppure da piccoli eravamo tutti juventini.
Recensione di A. Figliolia.
Benemeriti. Missionari di umanità. Questo sono oggi maestri e professori della scuola pubblica italiana. Nonostante e contro gli sfasci operati dalla politica in malafede, nonostante e contro l’abbandono e la deriva cui parrebbe volersi condannare il sistema della pubblica istruzione, viatico di civiltà e progresso, ci sono loro, i docenti, che resistono e ogni giorno vanno a compiere, con impagabile spirito, il proprio dovere. Una tirata, questa, ideologica e retorica? Giudicate un po’ voi dai fatti appena passati e correnti… A ogni modo la nostra ammirazione non può non andare verso tutti coloro che nelle scuole operano con indefesso spirito, malgrado gli stipendi (da fame) e le innumerevoli difficoltà poste loro di fronte da quel sistema che invece dovrebbe incoraggiare e sostenere nel quotidiano lavoro di formazione di giovani e giovanissimi, ossia quelli che costituirebbero il nostro futuro. Va bene così… Perciò ho letto con la massima attenzione e rispetto il libro di Marco Alessio Signò, insegnante di sostegno (ma la descrizione è limitativa di quello che è l’impegno messo in campo e profuso),Eppure da piccoli eravamo tutti juventini-Ovvero tetralogia H (niente male come titolo e sottotitolo…) edito nel 2013 da A.Car (pp. 304, euro 16,50). Un racconto in punta di penna. Una storia di dedizione e passione, di cuore e intelletto, di relazione profonda fra l’insegnante e Gabro “Cuor di leone”, Fabro e Francescone, Bruno, Annarita e Daniele, ragazzi diversamente abili eppure più abili che mai, campioni di sensibilità e invincibile umanità. Il libro si dipana con levità,e nel contempo, con le giuste prospettive. Una crescita costante è la narrazione, parallelamente a quel che accade con il rapporto che s’instaura fra il nostro Marco e l’allievo di volta in volta affidatogli. “Gabro, da solo, scoprì poco alla volta un modo di leggere tutto suo che, anch’io, feci mio in seguito, come accomunati ancora dallo stesso destino. La nostra fratellanza il nostro legame per questi anni. Il Magnificat recitato all’unisono dalle nostre due flebili voci: lungo il tragitto che ci condurrà alla conoscenza dei nostri saperi, che si mescolano, che, dopo aver preso conoscenza gli uni degli altri, imparano e procedono spediti per la medesima strada. Stretti bene nelle nostre due solitarie anime che un giorno si sono qui incontrate”. Se non è empatia questa… Oltre che un originale metodo didattico. “Dottrina” e creatività, un cocktail perfetto per raggiungere gli obiettivi. Obiettivi che in tal caso non assumono aridi significati (quando ci sono di mezzo l’accrescimento culturale, la solidarietà, la felicità, anche solo in particole…). Fabro e l’amore per la Juventus. Il calcio – da cui il titolo – come materia di relazione, regole, complicità e acquisizioni. Il contenuto milanismo dell’autore il fervore bianconero dell’allievo trovano un’allegra e pur colta sintesi nelle conversazioni e nei dialoghi che si allargano poi ai più importanti temi dell’attualità. La partita vista insieme allo stadio. Le emozioni condivise. Nereo Rocco, Boniperti e Paloschi. La contemporaneità. La fiducia nel mondo, negli altri. Francescone. L’autismo. Gli anagrammi… “Così iniziai a mettere in fila, davanti a lui, le nostre lettere dell’alfabeto, sul banco, davanti ai suoi occhi, quasi sempre, sgranati in cerca di qualcosa che lo affascinasse in qualche modo. Dopo le prime volte, in cui avevo iniziato a mostrargliele a viso scoperto, nelle lezioni successive, cominciai a impedirgli di vederle tenendogli un asciugamano davanti agli occhi per non permettergli di vedere da dove sottraevo la lettera dell’alfabeto in questione. Spesso approfittavo del piccolo accessorio di cotone per asciugargli il viso e la fronte, visto che il nostro ragazzone, a causa di alcuni medicinali che era costretto ad assumere, tendeva a sudare molto. “Ebbene, poco alla volta, Francescone incominciò a distinguere le consonanti e le vocali dell’alfabeto italiano. Io gli toglievo, una alla volta, le tesserine che erano appoggiate sul banco affinché, poi, lui le rimettesse a posto nella loro sequenza esatta. Ci volle circa un anno perché imparasse bene l’ordine delle lettere, ma ci riuscì anche perché io non avevo fretta…”. Come dicevamo, quando si fa un lavoro con dedizione e cura, acume e passione… Infine, nella Parte Quarta del volume, l’esaltante esperienza ai Giochi Sportivi Studenteschi, con le finali nazionali disputate a Lignano Sabbiadoro, disciplina nuoto. Bruno, Daniele e Annarita – con i loro insegnanti e accompagnatori Marco e Stefania – assurgono al ruolo di protagonisti, in una cornice di genuino entusiasmo, lealtà competitiva, puro agonismo (puro nel nobile significato di purezza) e comunione d’intenti e sentimenti. Toccante senz’esser retorico, istruttivo senz’esser didascalico, coinvolgente, Eppure da piccoli eravamo juventini-Ovvero tetralogia H, è un romanzo-verità o un docuromanzo. Le etichette, esistenti o create ad hoc, non esauriscono in ogni caso la forza di una storia in cui si entra con ogni fibra esistenziale.