L’Incipit
Gianpaolo aveva dimenticato in classe la sacca con il cambio per la lezione di educazione fisica.
“Faccio in fretta!” aveva assicurato alla sua prof prima di dileguarsi per evitare il giusto rimprovero per la sbadataggine.
Salì le scale due gradini alla volta poi, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi, si gettò nel corridoio come una saetta. Percorse gli ultimi metri con una lunga scivolata fino alla porta dell’aula.
Gli ci volle qualche istante per riprendere l’equilibrio ed evitare di finire per terra, ma questo gli consentì di cogliere un movimento inaspettato all’interno del locale. Si fermò perplesso: forse qualcun altro aveva dimenticato la sacca come lui?
Senza farsi notare, osservò una figura china che frugava fra gli zaini abbandonati in terra.
“Quello è Alberto! Il compagno della classe accanto alla nostra… ma che cosa sta combinando?”. Stava per entrare e chiedere direttamente a lui, quando si accorse che prendeva un borsellino da uno zaino e lo infilava in tasca.
“Sta rubando! Non posso crederci: sta rubando!”.
Aveva l’animo in subbuglio perché Alberto era anche suo amico. Non se la sentì di entrare per chiedergli conto di ciò che stava facendo e allora fuggì. Si rifugiò nel bagno più vicino, rosso in volto e col cuore che batteva all’impazzata.
Due lacrime gli scesero lungo le gote: Alberto era certamente un amico, ma lo aveva visto comportarsi da ladro! No, non c’era nulla da salvare in tutto quello che era successo, nemmeno la sua fuga da vigliacco.
Si asciugò il volto con una manica e bevve un sorso d’acqua. Adesso sapeva che cosa avrebbe dovuto fare.
Dino Ticli
L’Associazione Lettelariamente e il Comune di Dervio propongono:
Concorso di scrittura su INCIPIT di Dino Ticli – V edizione
Categoria : Scuole medie inferiori della Provincia di Lecco.
Regolamento:
Il concorso é rivolto agli studenti della provincia di Lecco che dovranno completare un racconto iniziato dallo scrittore Dino Ticli.
L’incipit verrà distribuito e pubblicizzato entro l’8 gennaio 2013 .
PARTECIPANTI
Possono concorrere tutti gli studenti delle Scuole Medie Inferiori della Provincia di Lecco.
TESTO DA ELABORARE
Il racconto deve avere una lunghezza massima di 4000 battute o 650 parole.
Può essere corredato anche da una illustrazione, da consegnare in formato digitale jpeg di buona risoluzione, che potrebbe essere selezionata come immagine di copertina dell’antologia.
SELEZIONE D’ISTITUTO
I docenti di ciascuna scuola procederanno alla selezione degli elaborati migliori ( max 5 per classe) che parteciperanno alla selezione finale .Gli elaborati scelti andranno inviati insieme ai dati personali del docente.
CONSEGNA E SCADENZA
La consegna del racconto dovrà avvenire entro il 4 febbraio 2013
via mail : concorso.incipit.ticli@lettelariamente.it
Dovrà inoltre essere corredata dal MODULO di PARTECIPAZIONE compilato e firmato in tutte le sue parti ( disponibile sul sito: www.lettelariamente.it).
Tale modulo potrà essere inviato all’Associazione sia via mail ( scannerizzato ) che via fax al numero : 0341/740416.
Nel caso venisse utilizzata la modalità di spedizione via mail ,modulo e racconto dovranno essere inviati come allegati distinti e non in PDF , in caso contrario non potranno essere accettati.
GIURIA
Presieduta da Dino Ticli la giuria procederà alla selezione dei racconti migliori che saranno premiati e pubblicati in una antologia. I racconti dei vincitori saranno disponibili anche sul sito www.lettelariamente.it
PREMI
I racconti selezionati dalla Giuria verranno pubblicati dalla casa editrice Marco Del Bucchia Editore in un’ ANTOLOGIA che verrà presentata il giorno della premiazione e sarà disponibile anche nelle librerie. I primi 8 classificati verranno premiati sia con una copia dell’antologia che con BUONI-LIBRO spendibili all’interno della mostra/mercato ” Piccoli Editori in Fiera” .
Un riconoscimento verrà riservato anche alla Scuola e all’insegnante che hanno espresso i vincitori
PREMIAZIONE
La premiazione é prevista sabato 4 maggio 2013 al Palasole di Bellano alle ore 11,00 in occasione di “Piccoli Editori in Fiera”.
Testi vincitori del Concorso
ANDREA VALSECCHI (Istituto Maria Ausiliatrice, Lecco)
Primo classificato
[…] Scese in palestra e chiese alla prof di poterle parlare. Era titubante, non sapeva come iniziare il discorso e la prof già pensava che si volesse giustificare per aver dimenticato a casa la sacca con il cambio. Così iniziò a fargli domande, ma lui niente. Gianpaolo scuoteva il capo e rivolgeva lo sguardo a terra fino a quando, tutto d’un fiato, pronunciò quelle parole: “Alberto della classe accanto alla nostra ha rubato”. La prof, incredula, gli chiese di ripetere ciò che aveva detto e quando Gianpaolo spiegò tutti i dettagli dell’accaduto lo invitò a seguirla in presidenza. Così, davanti alla preside il ragazzo dovette spiegare nuovamente cosa era successo.
Come verificare la verità delle parole di Gianpaolo prima di bollare Alberto come ladro? Come pensare che l’uno avesse mentito o l’altro rubato? In fondo entrambi erano considerati “bravi ragazzi”. Eppure uno dei due doveva aver deciso, più o meno intenzionalmente, di trasgredire le regole.
Gianpaolo, che intuiva i pensieri della preside, avendo lui prima di lei sperimentato l’animo in subbuglio, propose un confronto con Alberto. Rubare non era certamente una azione giusta e questo bisognava dirlo con fermezza, ma bisognava comprendere il motivo di quel gesto. Alla preside sembrò un’ottima idea e presto i due amici si trovarono nella stessa stanza. Fu la preside a prendere la parola: parlò di rispetto per le cose proprie e altrui; di sincerità e di verità e del coraggio che a volte bisogna avere per raccontare fatti spiacevoli. Il volto di Alberto diveniva sempre più cupo e le gote rosse sembravano tradirlo, ma nessuna parola uscì dalla sua bocca. Continuava solo ad annuire silenziosamente. Quando la preside iniziò a parlare direttamente senza più girare attorno al discorso che lo avrebbe riguardato, Alberto scoppiò in lacrime e fu evidente che lui aveva davvero rubato. Ma perché lo aveva fatto? Perché rubare ad un compagno, ad un amico e nella stessa scuola? Fu Gianpaolo a chiederglielo direttamente: “Ma perché lo hai fatto?”.
Alberto spiegò che la mamma gli aveva negato i soldi per comprare i miniciccioli. Sapendo che un suo compagno portava a scuola il borsellino, intendeva sottrarlo per prendere quei pochi euro necessari all’acquisto; sarebbe andato in edicola a comprarli per poi farli esplodere al parco con i suoi amici. dopo la scuola. Mentre parlava sembrava più “alleggerito”. Che cosa stupida rubare per dei miniciccioli: eppure lo aveva fatto mettendosi nei guai. Avrebbe voluto fare tutto di nascosto, ma così non era successo. Adesso doveva fare i conti con la preside, con il suo compagno e … con i suoi genitori.
Si sentiva come Pinocchio quando aveva tradito l’affetto di Geppetto e non aveva ascoltato il Grillo Parlante. Forse l’aveva fatto per invidia per le cose che non poteva avere ( o pensava di non poter avere), forse per rabbia o forse semplicemente per la voglia di fare di testa sua. Ora era come nella pancia della balena dove poteva fermarsi a riflettere e magari cambiare. La stanza della preside era quella “pancia”. Avrebbe voluto che la bacchetta di una fatina cambiasse magicamente la realtà, ma quella non era una fiaba anche se il suo finale avrebbe potuto essere lieto.
Di fatto la vicenda si concluse bene per Alberto e non con un solo lieto fine!
Per la preside il lieto fine fu quello di vedere un alunno pentirsi di ciò che aveva fatto; per Gianpaolo fu quello di stringere la mano all’amico e di non sentirsi in colpa per aver detto una verità amara; per Alberto fu quello di aver ricevuto la possibilità di cambiare.
Restituì il borsellino rubato al compagno e poté tornare a camminare a testa alta nei corridoi della sua scuola.
LUCA PENNATI (ICS Bellano, sezione di Lierna)
Secondo classificato
Aveva visto Alberto entrare nel bagno attiguo, perciò aveva un po’ di tempo per pensare cosa fare: “ ora esco” pensò “lo aspetto fuori dalla porta e lo fermo, poi gli dico di rimettere il portafoglio nella cartella di Andrea e, se si dovesse opporre, vado subito dai professori”. Così fece. Alberto non battè ciglio. Dopo averlo ascoltato, prese il denaro e gli propose: “Guarda, ci sono ben 80€. Sono quasi come 10 paghette settimanali! Facciamo metà per uno e siamo tutti a posto. Tu non farai la spia e ce ne andremo ognuno per la propria strada. Va bene?”. Gianpaolo rimase esterrefatto, proprio non si aspettava una reazione del genere. Pensava che Alberto avesse rimesso a posto i soldi o che lo avesse minacciato di picchiarlo, visto che era grande e grosso. Non sapeva proprio cosa fare. Accettare era la scelta più facile, ma andava contro i suo principi, al contrario, rifiutare era molto più difficile, ma era la cosa giusta. Si ricordò che non aveva molto tempo, perché la prof di ginnastica lo stava aspettando, così optò per l’opzione più semplice: “Va bene, dammi la mia parte e andiamocene”.
Gianpaolo prese i soldi e il sacchetto dei vestiti, poi si separarono. Alberto tornò in classe tutto contento per essersela cavata, mentre l’altro andò verso la palestra, rimuginando tristemente su quello che aveva fatto. Trovò una scusa per aver impiegato così tanto tempo, ma si prese comunque una sgridata e per il resto dell’ora rimase in silenzio.
Prima dell’intervallo, Andrea andò a prendere i soldi per comprare uno snack alle macchinette, ma lo aspettava una brutta sorpresa: il portafoglio non c’era più. Il ragazzo corse subito dall’insegnante: “Prof, prof, qualcuno ha rubato i miei soldi!” e la prof. “Quanti erano?”. Andrea esitò un po’, poi disse: “Domani è il compleanno di mio fratello e oggi sarei andato a comprare un videogioco da regalargli… per cui avevo portato… 80€”. In classe scoppiò il caos. L’insegnante fece sedere tutti i ragazzi, poi chiamò gli altri colleghi per scoprire il colpevole. Subito i sospetti caddero su Gianpaolo, visto che era l’unico ad essere tornato indietro. L’alunno spiegò che non era entrato in aula, perché il sacchetto era sull’appedino in corridoio. Per crearsi un alibi, disse che era stato visto da Alberto (di cui ormai era diventato complice), mentre si recava in bagno. Così, lo fece testimoniare e si discolparono a vicenda. Era passata più di mezz’ora, però, non era saltato fuori nulla, così gli insegnanti fecero svuotare le tasche e le cartelle di tutti i ragazzi, ma senza esito, perché Alberto e Gianpaolo avevano nascosto le banconote nei calzini. Visto che non era stato trovato il ladro e nessuno si decideva a confessare, i prof. diedero la nota a tutti gli alunni della scuola, obbligandoli a versare 1€ ciascuno, per risarcire Andrea. Era poco, ma scocciava farlo. Si parlò del fatto ancora per qualche giorno, ognuno faceva ipotesi su chi potesse essere il colpevole, ma Gianpaolo e Alberto non vennero più nominati, visto che erano sempre stati considerati dei bravi ragazzi. Entro un paio di settimane, nessuno si ricordò più dell’accaduto e il colpevole non venne mai scoperto. Gianpaolo, però, aveva un peso sulla coscienza, così un giorno disse ad Alberto: “Non ti dispiace quello che hai fatto? Non ti senti in colpa?” e lui “ No, perché dovrei? Non è colpa mia se Andrea è così stupido da portare 80€ a scuola”. Gianpaolo si sentì rassicurato. “già, non è colpa nostra se ha lasciato i soldi incustoditi”. Più passava il tempo, più quella convinzione si radicava nella sua mente e si ingigantiva. Nel giro di qualche anno, quel ragazzo prese una brutta strada e divenne, senza neanche accorgersene, un piccolo ladruncolo. Non sapeva perché lo faceva, ma si rispondeva sempre: “non è colpa mia se sono così stupidi da lasciare questo o quello incustodito”.
ILENIA LOMBONI (ICS “A. Stoppani”, Lecco)
Terzo classificato ex-aequo
Uscì dal bagno e ritornò in classe a prendere la sua sacca, andò in palestra e svolse regolarmente la sua lezione ma, allo squillo della campanella, quando tutti di corsa si affrettarono verso il cortile, lui si diresse verso l’ufficio della vice-preside. Sapeva che su di lei poteva contare, era stata l’insegnante di sua sorella, la conosceva da molti anni ed aveva un buon rapporto con lei. Avrebbe sicuramente capito il suo atteggiamento e trovato la giusta soluzione a questo caso.
Bussò alla porta in maniera decisa e quando la prof. Colli lo vide, lo fece entrare ed accomodare su una grande poltrona posta di fronte alla sua scrivania. Giampaolo cominciò a raccontare l’accaduto e vide le espressioni sul viso della donna passare dal sorriso iniziale, con cui era stato accolto, allo stupore e, successivamente, alla rabbia.
Ringraziò il ragazzo per averle comunicato l’episodio e gli chiese di tornare da lei l’indomani: nel frattempo avrebbe pensato a come agire senza procedere con una semplice sospensione.
Infatti, il giorno dopo, durante la lezione di geografia, Giampaolo venne convocato in vice-presidenza con lo stupore di tutti i suoi compagni.
In ufficio dalla prof. Colli c’era anche Alberto. A Giampaolo prese un colpo: si sentì in tribunale, come un testimone che deve rispondere alla fila interminabile di domande dell’avvocato difensore.
Entrò titubante, si sedette e rimase in silenzio con gli occhi bassi in attesa di un cenno della vice preside: perchè si sentiva così? In fondo non era lui ad aver rubato!
Alberto sembrava meno teso ma anche lui non alzava gli occhi dalla punta dei suoi piedi.
La prof. cominciò a parlare e spiegò come, con grande tristezza, Giampaolo le aveva raccontato il grave fatto avvenuto il giorno prima; Alberto si stringeva le mani, si scrocchiava le dita e, tutto ad un tratto, scoppiò a piangere.
Disse che aveva compiuto quella spregevole azione perchè alcuni ragazzi fuori dalla scuola, lo ricattavano ormai da tempo e lui non sapeva più quali scuse accampare con i suoi genitori per farsi dare i soldi, che regolarmente, una volta alla settimana, doveva dare ai suoi aguzzini, per evitare che questi pubblicassero su Facebook alcune foto, che gli erano state scattate di nascosto ad una festa, in cui Alberto aveva un po’ ecceduto con la birra.
Se l’avesse scoperto sua mamma, che gli aveva concesso di iscriversi al popolare social network a condizione di avere la sua password di accesso, sarebbero stati guai grossissimi e quindi aveva cominciato a pagarli per scongiurare questo pericolo.
Ora però….Alberto non osava immaginare cosa sarebbe successo! Piangeva e si disperava, chiedeva scusa e supplicava di non dire nulla ai suoi genitori; la prof. cercava di tranquillizzarlo, anche se si rendeva conto che non avrebbe potuto tacere nè il furto nè, tanto meno, la violenza che il ragazzo stava subendo.
Giampaolo, intanto, pensava al suo rapporto con Alberto: non sarebbe più stato quello di prima. Forse non avrebbe dovuto parlare. Si tormentava: tutta colpa della sua sbadataggine, se avesse preso da subito la sacca…..
Passò qualche settimana e Giampaolo si accorse che quei due ragazzi di terza superiore che, di tanto in tanto, giravano nei pressi della scuola, non si vedevano già da un po’ e una mattina, in cui il sole faceva già l’occhiolino, vide Alberto scendere dalla macchina della madre. Giampaolo cercò di entrare a scuola velocemente per non doversi trovare faccia a faccia, ma si sentì chiamare, si fermò, aspettò e quando Alberto gli fu vicino, lo abbracciò e gli disse semplicemente: “Grazie!”
Giampaolo ci aveva visto giusto: il suo rapporto con l’amico non sarebbe più stato lo stesso, sarebbe stato migliore.
AURORA COLOMBO (ICS “A. Volta”, Molteno)
Terzo classificato ex-aequo
Tornò in classe, prese la sacca e raggiunse di corsa la palestra.
Durante l’ora di educazione fisica contava i minuti che mancavano per tornare in classe, la testa persa nella nuvola di pensieri che avvolgevano la sua mente. Cercò di ricordare di chi era la cartella blu da cui Alberto aveva preso il borsellino…di Marco? O forse di Giovanni? Si, ora si ricordava: era quella di Giovanni. Sapeva che non appena risaliti in classe si sarebbe accorto del furto e sapeva che solo lui avrebbe potuto raccontare la verità!
Una volta in classe, tutti lentamente andarono al proprio posto e prepararono il materiale per la lezione seguente e, non appena Giovanni si accorse del furto, un bisbigliare sommesso si diffuse dal suo banco a tutta la classe e tutti, come in un grande domino, si abbassarono per controllare sotto i banchi, nelle tasche delle giacche e nelle cartelle se per sbaglio avessero preso il portafogli di Giovanni. Tutti tranne Gianpaolo, perché sapeva che nessuno avrebbe mai trovato il borsellino. Entrò l’insegnante, che subito si accorse dell’agitazione dei ragazzi e chiese cosa fosse successo. Giovanni disse che durante l’ora di educazione fisica gli era stato rubato il portafogli.
Gianpaolo si era immaginato quella scena un migliaio di volte, mentre faceva gli esercizi in palestra e stava accadendo tutto ciò che aveva pensato, come se tutti seguissero un copione di cui lui era l’autore: le domande dell’insegnante, le riposte degli alunni…ora era arrivato il momento in cui lui si sarebbe dovuto alzare per dire ciò che aveva visto mentre tutti lo avrebbero fissato, allibiti, in silenzio.
Come da previsione una voce risuonò nel silenzio della classe, ma quella voce non era la sua. Era Michele, il ragazzo che spesso, come lui, dimenticava la sacca con il cambio: “Professoressa,io sono salito in classe per prendere la sacca e ho visto due persone uscire di corsa dall’aula: Alberto e poi Gianpaolo”. Tutti si voltarono verso di lui, Giovanni lo guardò carico di rancore mentre la professoressa chiedeva a Michele di andare a chiamare Alberto. Gianpaolo rimase paralizzato per lo shock, questo non doveva accadere! Era Alberto a dover essere interrogato dalla professoressa e a dover confessare il furto. Non lui! Era Alberto il ladro! Sentì l’insegnante chiedergli di seguirlo fuori dalla classe insieme ad Alberto e automaticamente si alzò e, senza neanche accorgersene, si ritrovò nell’aula professori seduto a una scrivania con Alberto, davanti alla professoressa che li scrutava severa. La professoressa fece le solite domande da interrogatorio: siete stati voi? Perché? Sapete che avete sbagliato? Nessuno dei due rispose e così l’insegnante disse che avrebbe lasciato loro un giorno per pensare ma che l’indomani avrebbe voluto una confessione. Appena uscito da scuola Gianpaolo rincorse Alberto e lo fermò: “Perché l’hai fatto?Perché non hai detto alla professoressa che sei tu il ladro? Credevo che fossimo amici! Se non confessi tu parlo io! Ti ho visto stamattina mentre rubavi!”. Lui rispose piccato: “Credi che io debba venire da te a spiegare cosa faccio e perché? Io non ho fatto niente di male e non è colpa mia se Michele ha fatto la spia!Appunto perché siamo amici non devi dire niente! O vuoi fare la spia anche tu?”, detto questo se ne andò voltandogli le spalle. Per la seconda volta nella giornata Gianpaolo rimase paralizzato, incapace di reagire. Sapeva che avrebbe dovuto dire tutto subito ma quell’imprevisto l’aveva bloccato, davanti ad Alberto non era riuscito a parlare! Era proprio una brutta situazione:o testimoniava contro Alberto o passava per ladro. Passò il resto della giornata in un funesto silenzio, guardando il soffitto della sua stanza. Il giorno dopo si recò mesto dall’insegnante sotto gli sguardi indagatori di tutti e seguito da Alberto, che camminava imbronciato. Guardò negli occhi Alberto e disse: “Professoressa io…”
“Andrea! Sbrigati è da 10 minuti che ti chiamo! Siamo in ritardo!”.
“Arrivo, mamma!”. Ti interrompono sempre nei punti più interessanti quando leggi!! Io che avevo sbuffato quando l’insegnante aveva detto che avremmo dovuto leggere un libro,ora sbuffo perché non voglio smettere di leggere!
Prendo lo zaino e mi precipito in cortile, salgo in macchina e mentre guardo fuori dal finestrino penso:“Io cosa farei al posto di Gianpaolo?”.
I PUBBLICATI:
ELISA OREGIONI (ICS “N. Tommaseo”, Introbio)
SIBILLA CIRESA (ICS “N. Tommaseo”, Introbio)
MICHELE CASTELLAZZI (ICS Cernusco Lombardone)
MELISSA ORTELLI (Istituto Caterina Cittadini, Calolziocorte)
MARCELLO DI MASSA (ICS “A. Volta”, Robbiate)
SARA GALBUSERA (ICS Civate, sezione di Malgrate)
DANIELE ESPOSITO (ICP Caterina Cittadini, Calolziocorte)
ANDREA LOCATELLI (ICS “A. Volta”, Merate)
ALESSANDRO MESSORA (ICS “A. Volta”, Merate)